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” Sei un vero pezzo di merda, un pezzo di merda come pochi…..questo per farvi capire di che pezzo di merda stiamo
parlando…da qui il mio definirti pezzo di merda”.

Questo il commento scritto in una chat intrattenuta con il destinatario della frase ed altre partecipanti .

Per il Tribunale e la Corte d’Appello di Catanzaro la condotta era chiaramente diffamatoria e per questo l’autore della frase veniva condannato sia ai fini penali che civili.

Di diverso avviso è invece la Quinta  Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione (la n. 44662 del 2 dicembre 2021) che ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro per nuovo esame del caso.

Partendo dal principio giuridico secondo il quale l’offesa diretta ad una persona presente costituisce sempre ingiuria (depenalizzazata) e non diffamazione, dovrebbe essere approfondito il concetto di “presenza” rispetto ai moderni sistemi di comunicazione ritenendosi che, accanto alla presenza fisica vi siano sistuazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con sistemi tecnologici come la call conference, l’audioconferenza o la videoconferenza. Essendosi infatti sviluppate diverse piattaforme per convocare riunioni a distanza tra un numero, anche rilevante, di persone presenti virtualmente, con possibilità di scrivere, durante la riunione, messaggi diretti a tutti i partecipanti, ovvero a uno o ad alcuni di essi, una definzione generica di chat o call o la mera denominazione commerciale del programma è di per sè priva di significato e foriero di equivoci, laddove non accompagnato dall’indicazione delle caratteristiche precise dello strumento di comunicazione  impiegato nel caso specifico.

Per quanto sopra, secondo la Corte di Cassazione, per distiguere tra la diffamazione (reato) e l’ingiuria (non più reato), occorrerà valutare caso per caso: se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più  persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi dell’ingiuria commessa alla presenza di più persone e il fatto non sarà perseguibile penalmente.

Per contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o verbali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti”, ricorreranno i presupposti della diffamazione. Un esempio è l’invio di e-mail.

La Corte territoriale, nella fattispecie, e tutti gli operatori del diritto, in generale, per stabilere se la condotta è penalmente rilevante, dovranno dunqe andare ad indagare, in concreto:

  1. quale sia il funzionamento della chat (se, cioè, consentisse solo comunicazioni in tempo reale ovvero anche il deposito di messaggi nella casella del partecipante, suscettibili di essere lette se e quando questi si fosse scollegato);
  2. se il dialogo a distanza tra imputato e persona offesa  sia sia svolto in tempo reale e se, quindi, può dirsi che, nell’occasione dello scambio delle proposizioni “incriminate”, la parte offesa fosse virtualmente presente.

Tutto questo perchè: non tutti i casi sono uguali!

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