Quando mio padre ha iniziato a non riconoscermi più, abbiamo capito che era arrivato il momento di chiedere aiuto. Dopo mesi di notti insonni e corse al pronto soccorso, abbiamo trovato un posto in una RSA. E lì è iniziato il secondo calvario: rette altissime, dubbi continui su cosa fosse “sanitario” e cosa no.
Ho pensato: “Ma com’è possibile che per curare un anziano non autosufficiente, che dovrebbe essere curato gratuitamente in ospedale, servano migliaia di euro al mese, quando ha lavorato una vita e pagato le tasse?”
Poi ho scoperto una cosa che in pochi dicono chiaramente: la legge, almeno fino a oggi, è dalla parte degli anziani.
Anche la giurisprudenza ha già stabilito che le prestazioni sanitarie essenziali nelle RSA devono essere a carico dell’ASL, non delle famiglie.
Eppure, nonostante questo orientamento chiaro, molte strutture continuano a scaricare i costi sugli ospiti. Perché?
Perché chi dovrebbe garantire questi diritti… semplicemente non ha i fondi per farlo.
E allora, chi tace, paga.
Chi conosce la legge e agisce, può far valere i propri diritti.
Perché bisogna agire subito
Il sistema è al limite.
Se non si ricorre oggi, si rischia che domani qualcosa cambi: che la legge venga modificata, che l’interpretazione giurisprudenziale si adegui alla logica del bilancio, che i diritti vengano sacrificati in nome della sostenibilità.
Chi agisce adesso lo fa con la legge dalla sua parte.
Chi aspetta potrebbe trovarsi davanti a una porta chiusa.
Non sono i fondi a determinare i diritti. Sono i diritti a dover determinare i fondi.
E finché questo principio resta in piedi, abbiamo il dovere – morale e giuridico – di farlo valere. Ora. Non quando sarà troppo tardi.