Una mamma riceve una chiamata dal preside: “Signora, suo figlio ha creato un profilo falso su Instagram per prendere in giro una compagna di classe. Ha pubblicato una sua foto, ritoccata con contenuti espliciti. La ragazza è sconvolta, i genitori hanno già sporto denuncia”.
Inizia così. Un gesto “da ragazzi”, fatto spesso con leggerezza o per imitazione. Ma le conseguenze possono essere devastanti. Per le vittime, che si portano addosso ferite invisibili. Per le famiglie, che finiscono travolte da cause civili e penali. Per i genitori, chiamati sempre più spesso a rispondere davanti ai giudici per i danni provocati dalle condotte online dei propri figli.
LA LEGGE NON GUARDA L’ETÀ. E NON GUARDA ALTROVE.
Negli ultimi mesi, i tribunali italiani stanno pronunciando sentenze sempre più severe. La giurisprudenza parla chiaro: quando un minore commette illeciti sui social, come cyberbullismo, diffamazione, condivisione non autorizzata di immagini o video, la responsabilità civile ricade sui genitori. Anche se “non ne sapevano nulla”.
Per i giudici, non basta più dire: “non mi ero accorto di nulla”. Oggi si parla di “obbligo di vigilanza attiva”: i genitori devono dimostrare di aver fatto tutto il possibile per educare, controllare, guidare. E se non lo fanno? Possono essere condannati a risarcire economicamente la vittima. A volte con cifre molto elevate.
UN OBBLIGO EDUCATIVO CHE NON SI PUÒ DELEGARE
La tecnologia corre. I bambini oggi accedono ai social anche a 9-10 anni. Spesso con telefoni personali, senza filtri, senza controllo. Ma la legge non si è fermata. Anzi, ha rincorso questa corsa sfrenata. E oggi mette nero su bianco: l’educazione digitale non è un’opzione, è un dovere.
Questo significa anche che le vittime possono chiedere giustizia. Non solo penale, ma anche civile. Non è vendetta. È tutela. È riconoscere un danno. È un modo per dire: “non è normale, non è colpa tua, non sei sola/o”.
Allo stesso tempo, anche chi si ritrova a fare i conti con un figlio che ha sbagliato ha diritto di non essere lasciato solo. Capire come difendersi, cosa dimostrare, come evitare che una leggerezza diventi una condanna, anche economica.
DOMANDE CHE TUTTI DOVREMMO FARCI
So davvero cosa fa mio figlio online?
Gli ho spiegato che ciò che si scrive o si pubblica può diventare un reato?
Ho installato strumenti di controllo?
Ho fatto tutto il possibile per educarlo e vigilare?
Perché oggi non basta dire “non è colpa mia”. Se tuo figlio sbaglia sui social, il giudice potrebbe non essere d’accordo.