Apple ha recentemente accettato di pagare 95 milioni di ldollari per risolvere una class action negli Stati Uniti, in cui è stata accusata di intercettare illegalmente le conversazioni dei clienti attraverso il suo assistente virtuale Siri e di condividere frammenti di tali conversazioni con revisori umani.
Per comprendere meglio i rischi legati alla violazione della privacy, consideriamo un caso concreto avvenuto in Italia. Un datore di lavoro ha trattato i dati personali di un dipendente in violazione delle norme a tutela della privacy, e la Cassazione ha affermato che, dato certi presupposti, scatta l’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale subito dal lavoratore. Nella fattispecie, il risarcimento del danno riconosciuto è stato pari a € 10.000.
Questa vicenda ci ricorda che anche i colossi del tech non sono immuni dalle regole e che la privacy non è un concetto astratto, ma un diritto concreto, difendibile e risarcibile.
La domanda è: quanto siamo consapevoli dell’uso che le piattaforme fanno dei nostri dati? Sappiamo davvero quali strumenti legali esistono per difendersi da violazioni come queste?
La tecnologia evolve rapidamente, e con essa i confini della privacy. Essere informati è il primo passo per non subire passivamente.
Perché in fondo, dietro ogni dispositivo smart, c’è sempre una questione di diritti.