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Ci sentiamo tranquilli.

Pare che i nostri ragazzi, chiusi nella loro cameretta, in silenzio, stiano al sicuro, al riparo da ogni minaccia o aggressione.

È invece, no!

Al sicuro, i nostri ragazzi, non lo sono proprio.

Anzi! Se si potesse immaginare, li obbligheremmo ad uscire per strada, ad affrontare i pericoli reali, quelli in carne ed ossa. Imparerebbero, i nostri ragazzi, a guardare negli occhi il male, a riconoscerlo e a difendersi.

Invece, oggi, pare che il male abbia smesso di camuffarsi perché non ne ha più bisogno. È quasi invisibile o, meglio, è diventato virtuale e virale. Si diffonde alla velocità della luce e penetra ovunque, come i raggi del sole nelle stanze, ma invece di illuminare, provoca sofferenza e dolore.

Sono di Rivoli i ragazzini indagati per detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico, istigazione all’apologia di reato avente per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali. Età compresa dai 13 ai 19 anni. I trdicenni sarebbero addirittura non punibili.

Tutti appartenenti ad un gruppo WhatsApp, soprannominato la chat degli orrori per le immagini di servizie su una bimba di un anno, di violenza estrema e di sesso con undicenni…

La gravità dei fatti è enorme.

La domanda, a quasto punto, è : questi bambini ne hanno consapevolezza? Sanno che dovranno affrontare un processo penale, il biasimo sociale, risarcire le vittime, difendersi da una pubblica accusa? Sono consapevoli, questi bimbi, che per loro, i giochi sono finiti?

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