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Ci si può prostituire in tempo di Covid?

La domanda è seria, perché la prostituzione, in Italia, è un’attiva lavorativa lecita e perfettamente legale. Tanto è vero che la giurisprudenza è giunta ad affermare che l’attività svolta dalle prostitute genera un reddito imponibile ai fini IRPEF e che,  effettuata in maniera abituale, è soggetta anche alla tassazione IVA (decisione della Suprema Corte n. 15596 del 27 luglio 2016).

Nonostante ciò,  la prostituzione è un’attività che è sempre stata completamente ignorata dalle autorità e dalle istituzioni. Nulla è cambiato in questo periodo di pandemia: i redditi prodotti dalle prostitute devono essere tassati, ma l’attività di prostituzione non è stata nemmeno presa in considerazione per i ristori.

Non solo, la prostituzione non è mai citata in nessun DPCM o qualsivoglia testo in materia anticovid. Nemmeno nelle FAQ è mai stato menzionato questo mestiere, nonostante si dica essere il più antico del mondo.

Da qui la domanda: la prostituzione rientra o meno tra le attività che si possono esercitare durante il lockdown?

Andando a studiare il DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 14 gennaio 2021, in quale attività, tra quelle elencate, potrebbe rientrare l’attività di prostituzione?

Potrebbe rientrare nelle attività dei “servizi alle persone”, che sarebbero consentite, seppur a determinate condizioni? Diremmo di no, perché nell’ All. 24, ovvero nell’elencazione dei relativi servizi si parla di pompe, ma solo funebri.

La prostituzione nemmeno è elencata nelle attività di commercio al dettaglio, per cui dobbiamo ritenere, nel silenzio normativo, che sia soggetta alla disciplina prevista per i professionisti. Pertanto, si ritiene che possa essere esercitata anche durante il lockdown, purché siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio e fermo
restando l’obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie
respiratorie previsti da normativa, protocolli e linee guida.

Tutto ciò premesso, a qualcuno risulta che, a carico delle prostitute, si sia proceduto ai controlli sul rispetto della normativa vigente anti-covid, così come è stato fatto nei confronti dei ristoratori e dei gruppi di ragazzini assembrati nelle piazze di paese? Quanti casi di sanzioni amministrative risultano essere state comminate?

Eppure, queste donne sono costrette a lavorare, spesso in pessime condizioni igienico/sanitarie, mettendo a rischio la propria e l’altrui salute, nella più totale indifferente da parte di tutti. E l’indifferenza, è risaputo, è la peggior violenza che si può infliggere ad una persona.

Detto ciò, Vi invitiamo alla visione di questo servizio firmato da Francesco Vivenza dal quale abbiamo preso spunto per approfondire l’argomento in questo articolo ⬇️

 

 

 

 

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