Successioni e testamento

Rientra nei poteri spettanti a ciascun condomino quello di istallare un ascensore per eliminare le barriere architettoniche o anche solo attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione.

Nella coscienza sociale e, quindi anche in ambito giurisprudenziale, si è infatti affermato il dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone con disabilità.

Tale finalità non deve essere intesa nella sola tutela delle persone in condizioni di minorazione fisica, ma deve ricomprendere anche l’esigenza di migliorare la fruibilità dei piani alti dell’edificio da parte dei rispettivi utenti, apportando una innovazione che, senza rendere talune parti comuni dello stabile del tutto o in misura rilevante inservibili all’uso o al godimento degli altri condòmini, faciliti l’accesso delle persone a tali unità abitative, in particolare di quelle meno giovani.

A tale proposito merita di essere ricordata la fondamentale sentenza Corte cost. 10 maggio 1999, n. 167 che ha contribuito ad un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da dover essere assunti dall’intera collettività.

Di conseguenza si è cominciato ad affermare il principio di solidarietà condominiale che implica il contemperamento di vari interessi, tra quali si deve includere anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche.

Così, in virtù di tale principio, i giudici hanno riconosciuto la possibilità di installare un ascensore anche laddove tali lavori avrebbero comportato una riduzione della tromba delle scale con un passaggio di soli 0,76 cm.

Per la giurisprudenza, infatti, la riduzione dello spazio destinato al passaggio costituisce il male minore, a fronte dell’interesse maggiore di eliminare le barriere architettoniche.

 

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