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Art. 615 ter c.p. (accesso abusivo al sistema informatico) : “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.”

Cosa significa? Quando si applica questa norma penale? Quali sono i casi più frequenti?

La norma è stata introdotta recentemente per tutelare la riservatezza delle persone da illecite intrusioni altrui.

Non conta la motivazione. Che sia per raccogliere le prove di un tradimento, che sia per tutelare gli interessi aziendali o il proprio posto di lavoro o per pura curiosità, il reato si compie tutte le volte che si accede ad un profilo social o in una conversazione privata, senza il preventivo consenso del titolare.

Non solo. I giudici della Cassazione (sentenza 2942/2019) hanno ribadito anche che non importa che la password di accesso al profilo fosse nota e fosse stata comunicata poiché chi accede di nascosto ad un profilo altrui e ne spia le conversazioni compie un’azione contraria alla volontà del titolare.

Ma vi è di più. Perché non importa nemmeno se avete l’autorizzazione ad entrare nel sistema informatico, se questa è limitata a determinate finalità. Non è possibile sfruttarla per interessi estranei a quelli autorizzati. Nell’ipotesi commettereste comunque reato. L’esempio tipico è quello del funzionario comunale che è autorizzato ad accedere ai dati dei concittadini per rilasciare, per esempio, certificati anagrafici ai richiedenti mediante apposita istanza, non certo per favorire amici o parenti o per motivi legati a metà curiosità.

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