La divisione ereditaria.

La divisione ereditaria è l’atto mediante il quale i coeredi pongono fine alla comunione ereditaria. Secondo quanto dispone l’art. 713 del codice civile ogni coerede chiedere la divisione per sciogliere la comunione ereditaria, al cui esito il coerede diventa unico titolare dei beni ereditati non singolarmente ma per la quota ideale a lui assegnata.

La divisione può essere di tre tipi:

– contrattuale, quando si realizza in base ad un accordo tra i coeredi, un vero e proprio contratto che, quando ha per oggetto beni immobili o diritti immobiliari, deve avere la forma scritta, essere autenticato da un notaio e trascritto;

– giudiziale, quando in mancanza di un accordo, ci si rivolge al  giudice. Di recente introdotta, esiste anche la divisione giudiziale semplificata, affidata a un notaio o avvocato nominato dal Tribunale quando non c’è contestazione sul diritto alla divisione e sulle quote;

– testamentaria, quando è stabilita dallo stesso testatore.

La divisione può essere sempre chiesta da uno o più coeredi nei confronti di tutti gli altri con esclusione dei semplici chiamati all’eredità (che non hanno ancora accettato), dei legatari e di eventuali legittimari pretermessi in attesa del buon esito dell’esercizio dell’azione di riduzione. Soltanto la presenza tra i chiamati all’eredità di un concepito, di un minorenne o la pendenza di un giudizio che accerti la filiazione legittima o naturale costituiscono un impedimento al compimento della divisione ereditaria ed è facile comprenderne il perché: per il concepito occorre attenderne la nascita, il minorenne deve raggiungere la maggiore età e infine un accertamento giudiziale che stabilisca o meno lo status di figlio deve arrivare al suo esito, perché da una situazione di comunione si abbiano tutte chiare le posizioni, per poter procedere alla divisione.

Quanto ai beni immobili, se divisibili, non si pongono particolari problemi, poiché ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura come per i beni mobili; al contrario, se il loro frazionamento è necessario per operare la divisione, ma richiede soluzioni tecniche costose, potendo diminuire degli stessi valore e funzionalità, per l’art. 720 del codice civile, tali beni devono essere interamente compresi nella porzione del coerede che ha diritto alla quota maggiore con addebito dell’eventuale eccedenza, altrimenti possono essere assegnati alle porzioni di più coeredi che congiuntamente ne richiedano l’attribuzione.

Si procede allora con la vendita del bene, se alle soluzioni così prospettate non hanno voluto aderire i coeredi, per arrivare infine alla cd. resa dei conti tra condividenti, alla formazione dello stato passivo e attivo dell’eredità, alla determinazione delle porzioni ereditarie e dei conguagli o rimborsi reciproci; l’iter prevede alcuni passaggi preliminari in cui i coeredi devono conferire (in natura o per equivalente) tutto ciò che era stato loro donato dal defunto in vita e imputare alla propria quota i debiti verso il de cuius e verso gli altri coeredi per via della comunione. Ciò avviene in applicazione della cd. collazione che evita disparità di trattamento tra coeredi che abbiano già ricevuto beni dal testatore prima della sua morte, mentre con l’imputazione di eventuali debiti il valore della quota si riduce preventivamente, per evitare che il coerede debitore, una volta ricevuta integra la quota, poi si renda inadempiente per quelli che sono i suoi debiti verso la massa ereditaria. Al contempo, in presenza di beni donati non conferiti in natura o di debiti da imputare, gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro quote.

La divisione si conclude con la stima di ciò che rimane nella massa e con la formazione delle porzioni per gli eredi secondo le quote ad essi spettanti.