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Si parla in Italia di economia collaborativa o di economia della condivisione per riferirsi alla c.d.sharing economy.

La sharing economy altro non è che un nuovo modello economico e culturale, capace di promuovere forme di consumo consapevole, prediligendo la razionalizzazione delle risorse, basandosi sull’utilizzo e sullo scambio di beni e servizi piuttosto che sul loro acquisto, dunque sull’accesso piuttosto che sul possesso.

La diffusione della sharing economy è stata favorita dalla crisi dei modelli economici tradizionali e dell’occupazione. Il nuovo modello di consumo apre quindi nuove opportunità di crescita, occupazione e imprenditorialità fondate su uno sviluppo sostenibile dell’economia, della società e dell’ambiente.

Ruolo determinante per l’ascesa dell’economia collaborativa è senz’altro da riconoscere all‘information technology e all’utilizzo dei social media, nonché, all’uso diffuso degli smarphone che hanno reso più facile il rapporto diretto, anche nell’effettuare le transazioni.

Elementi comuni dell’economia collaborativa sono: la condivisione, ossia l’utilizzo comune di una risorsa in modo differente dalle forme tradizionali di scambio; la relazione peer-to-peear, ossia il rapporto orizzontale tra i soggetti coinvolti che si distingue tra le forme tradizionali di rapporto tra produttore e consumatore rispondendo a nuovi bisogni, come l’esigenza di interagire con le aziende in una modalità maggiormente partecipativa; la presenza di una piattaforma digitale, che favorisce i contatti tra gli utenti; un meccanismo di reputazione digitale; transazioni a mezzo di pagamento elettronico.

Svariate sono le esperienze di sharing economy che può applicarsi in diversi ambiti, tra i quali si segnalano i servizi di scambio o noleggio di beni di consumo, di servizi o di spazi. Esistono quindi piattaforme dedicate ai servizi che facilitano l’incontro di persone del posto con viaggiatori o che aiutano a trovare una baby sitter referenziata, a noleggiare beni di consumo o di trasporto e molto altro, per rispondere ai bisogni rimasti sino ad ora insoddisfatti.

L’economia della condivisione, secondo il Comitato europeo delle regioni “può migliorare la qualità della vita dei cittadini, promuovere la crescita (in particolare a livello di economie locali) e ridurre gli effetti sull’ambiente. Essa può inoltre generare nuovi posti di lavoro di qualità, ridurre i costi e incrementare la disponibilità e l’efficienza di alcuni beni e servizi o infrastrutture”. Contestualmente “è importante che i servizi offerti tramite l’EdC non sia all’origine di pratiche di elusione fiscale o concorrenza sleale né violino regolamentazioni locali e regionali o normative nazionali ed europee”.

Sono pertanto numerose le questioni giuridiche da affrontare e da risolvere, dovute anche ad un fisiologico momento di discrasia normativa. Ci troviamo, infatti, in un contesto di norme e di parametri economici che oggi si adattano ad un’economia basata sulla vendita e sulla produzione di beni e servizi, più che sulla loro condivisione o sullo scambio.

L’economia ed il mercato del lavoro sono in continua evoluzione ed il legislatore fatica a governare il cambiamento che non può essere arrestato.

Per non rischiare di perdere l’opportunità di potenziare una nuova economia, più efficiente e più flessibile, è pertanto necessario stabilire delle regole chiare e ben definite mediante la previsione di condizioni contrattuali.

Risorse crescenti e investimenti sempre più alti, portano con sé delle responsabilità rilevanti. È quindi impossibile, alla luce di ciò, pensare di non tutelarsi in maniera adeguata.

Stabilire delle condizioni contrattuali significa infatti maggior tutela su elementi quali, in via meramente esemplificativa: l’estraneità del gestore della piattaforma dal contratto stipulato dagli utenti, le modalità di offerta e di accettazione dei servizi e dei prodotti, i sistemi di pagamento, la definizione e la ripartizione delle responsabilità  civili e penali in capo ai protagonisti dell’economia condivise, le caratteristiche della collaborazione, del rispetto delle regole sulla trasparenza e sulla normativa privacy, le modalità di risoluzione dei conflitti.

Una garanzia per il cliente, ma anche per i gestori delle piattaforme digitali.

 

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