Al fine di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia, e temperando la rigidità delle disposizioni relative all’interdizione ed inabilitazione, è stato introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno. Con questa nuova disciplina, il soggetto incapace di provvedere ai propri interessi a causa di infermità anche parziale o temporanea (pur non versando in stato di “abituale infermità di mente”), ovvero di menomazione fisica o psichica (da intendere in senso ampio, fino a comprendere patologie quali l’autismo ovvero la demenza senile), può ricorrere al giudice tutelare affinché nomini con decreto un “amministratore di sostegno” indicato dal beneficiario ovvero, in mancanza di tale indicazione o in presenza di gravi ragioni che impongano una diversa designazione, scelto dal giudice nell’interesse esclusivo del beneficiario medesimo.

A differenza dell’interdetto, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la necessaria rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore di sostegno. Quest’ultimo, per converso, nel provvedere alla cura ed agli interessi dell’assistito ha l’obbligo di informarlo tempestivamente degli atti da compiere.

Possono chiedere la nomina dell’amministratore di sostegno:

  • lo stesso beneficiario (anche se minore, interdetto o inabilitato);
  • il coniuge;
  • la persona stabilmente convivente;
  • i parenti entro il 4° grado: genitori, figli, fratelli o sorelle, nonni, zii, prozii, nipoti e cugini;
  • gli affini entro il 2° grado: cognati, suoceri, generi, nuore;
  • il pubblico ministero;
  • il tutore o il curatore.

L’istanza deve essere presentata nella forma del ricorso alla cancelleria della volontaria giurisdizione del tribunale del luogo in cui il beneficiario ha la residenza. In merito la Cassazione ha chiarito che la domanda può essere avanzata anche al tribunale della residenza abituale del beneficiario.