Maltrattamenti e abusi in famiglia

Purtroppo le violenze fisiche e psicologiche e gli abusi familiari sono diventati oggi giorno sempre più frequenti, a tal punto che dai giornali continuiamo ad apprendere terribili notizie su episodi di maltrattamento molto gravi.

Possiamo solo immaginare lo stato d’animo e la reazione psicologica di chi ha la sfortuna di trovarsi in una simile situazione. Ma la vittima deve trovare la forza di denunciare il proprio aggressore, anche se si tratta di un familiare molto stretto.

Gli avvocati dello studio legale Antisso& Commisso si sono distinti a Torino ed in provincia per aver dimostrato proprio la massima riservatezza e sensibilità nei confronti dei minori e di tutti coloro che abbiano subito maltrattamenti in famiglia.

L’argomento è davvero molto delicato e per essere affrontato ci vuole la competenza di veri professionisti, che siano capaci di assistere la vittima di violenze sotto ogni profilo, sia civilistico che penale, mediante la costituzione di parte civile nel processo, al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti, morali e materiali.

Si garantisce anche la totale difesa dell’incolumità fisica e psichica del cliente e la protezione della sua dignità personale.

Questo rinomato studio legale si prende cura dei bisogni e delle esigenze dei propri clienti, essendo in grado di affrontare qualsiasi tipo di situazione, compresi il diritto matrimoniale e quello minorile, su richiesta, anche mediante l’assistenza di uno psicologo in studio.

Gli Studi Legali Antisso&Commisso informano inoltre tutte le loro clienti, donne vittime di violenza e maltrattamenti, che abbiamo la residenza nella Regione Piemonte, della possibilità di accedere al Fondo di Solidarietà per il patrocinio legale, istituito con Legge Regionale 11/08, al fine di tutelare la dignità e l’integrità fisica e psichica delle donne.

Non solo, le persone vittime di violenza sessuale, atti persecutori (stalking), maltrattamenti contro familiari e conviventi, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, reati commessi ai danni di minori, sono ammesse al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito (pari ad un reddito imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore € 11.528,41 (somma periodicamente aggiornata) previsti per il gratuito patrocinio ordinario.

Tanto premesso, il reato di maltrattamento in famiglia è disciplinato dall’art. 572 c.p. che prevede la reclusione da uno a cinque anni per chiunque maltratta una persona della famiglia o un minore di anni quattordici, o persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte (in tale ultimo caso si parla anche di mobbing). La pena è aggravata se del fatto derivano lesioni personali gravi, gravissime o la morte con una pena che può arrivare anche sino a venti anni di reclusione.

Contro gli abusi famigliari, ovvero quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente, l’art. 342 bis del c.c. prevede che, su istanza di parte, il Giudice possa emanare degli ordini di protezione. Gli ordini di protezione possono consistere in ordini rivolti alla persona che ha serbato la condotta pregiudizievole di cessare la condotta stessa, disponendo l’allontanamento dalla casa familiare prescrivendo altresì, ove occorra, di non avvicinarsi abitualmente ai luoghi frequentati abitualmente dall’istante, in particolare, al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia di origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia. Ove occorra, il Giudice può altresì disporre l’intervento dei servizi sociali ed il pagamento periodico di un assegno in favore delle persone conviventi che, per effetto dell’ordine di protezione, rimangano privi di mezzi adeguati prescrivendo, se del caso, che la somma si versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante.